Il governo Meloni quello delle privatizzazioni

L’Italia ha registrato un aumento del Pil pro capite al netto dell’inflazione nel 2023, raggiungendo i livelli del 2007, ma solo grazie ad una diminuzione della popolazione passata da 60,8 milioni a 58,9 milioni.

Il Pil pro capite è aumentato del 4,8% tra il 2019 e il 2023, mentre il pil pro capite per abitante in età lavorativa è aumentato del 5,6%.
Il Pil pro capite è la misura che ci dice quanto denaro viene prodotto in media ad ogni persona in un certo paese. Ci aiuta a capire se la popolazione di quel paese è ricca o povera, e le condizioni in cui vive. Piu alto è il Pil pro capite più ricca e la popolazione.
L’Italia rimane in una posizione peggiore rispetto alla maggior parte dei partner europei in termini di Pil pro capite.

Il Governo Meloni è intenzionato a proseguire la politica di Draghi con il piano di privatizzazioni previsto dalla Nadef (documento di programmazione e finanza).

Il piano di privatizzazione include la vendita di beni immobili pubblici, partecipazione statali in aziende.

Il governo italiano sta pianificando la privatizzazione del 4% di Eni, con l’obiettivo di incassare circa 2 miliardi di euro per ridurre il debito pubblico.
Questa mossa comporta rischi, in quanto il governo perderà dividendi sicuri e potrebbe rinunciare a una parte di un’azienda strategica nel settore energetico.
La privatizzazione dovrebbe essere vista come uno spazio per il settore privato per fare impresa, anziché per fare cassa.
Il governo prevede di privatizzare circa l’1% del PIL entro il 2026, con un incasso stimato di circa 20 miliardi di euro.
Oltre a Eni, sono previste privatizzazioni di Poste e Ferrovie, che potrebbero comportare la perdita di dividendi e creare conflitti di interessi tra settori pubblici e azionisti.

Il ministro Giorgetti per convincere l’opinione pubblica afferma che la vendita di patrimonio pubblico in passato ha portato profitti allo stato, quindi sostiene la continuazione del piano di vendita per migliorare le finanze pubbliche.

Ma come sono andate realmente le cose in passato grazie al Messia Draghi?

Dopo il 1992, in Italia molte aziende pubbliche sono state vendute a investitori stranieri, soprattutto nel settore dell’alimentazione e della meccanica di precisione. Aziende come Telecom, Enel ed Eni sono state completamente o parzialmente vendute.
Questo ha generato soldi per lo Stato, ma spesso le aziende sono state vendute a prezzi inferiori al loro vero valore.
Le banche pubbliche sono state privatizzate, compresa la vendita di azioni della Banca d’Italia a investitori stranieri.
Questo ha causato la perdita di controllo sulla propria moneta e una dipendenza eccessiva dal mercato straniero.
Dopo le privatizzazioni, molte persone importanti nel settore pubblico hanno lasciato il loro lavoro per lavorare per le grandi banche che hanno gestito le vendite.
Tutto ciò solleva dubbi sulle motivazioni di queste decisioni e sull’efficacia del processo di privatizzazione.
Dal libro Democrazia vendesi. Dalla crisi economica alla politica delle schede bianche (Rizzoli, 2014).

PUNTI CHIAVE DELLE PRIVATIZZAZIONI:

  1. Le vendite generate ricavi considerevoli, ma i beni venduti furono successivamente capitalizzati a valori molto più alti.
  2. Le banche di diritto pubblico furono privatizzate
  3. Questo ha portato alla perdita di sovranità monetaria e a un’eccessiva fiducia nei confronti del mercato straniero.
  4. Dopo le privatizzazioni, i funzionari chiave hanno lasciato il settore pubblico per lavorare per le grandi banche che hanno gestito le vendite.

Le privatizzazioni potrebbero portare ad un aumento dei costi dei servizi per i cittadini, anche se potrebbero rappresentare risorse fresche, non sono una soluzione definitiva per il debito pubblico.
Oltre a privatizzare, il governo continuerà a tagliare i servizi per i cittadini.


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